Ascona-Locarno Run, fa-VOLEGGIANDO


Se nonostante la paura -la voglia e il e il dubbio- si scappa, non si corre, ma ci si abbraccia e si decide di andare, di continuare a camminare, un perché c'è sempre. Ed il mio é che vorrei poter raccontare una storia, con un finale a sorpresa, e credere che per questo motivo, valga la pena,affrontare sassi, salite e avere la testa che come un satellite, gira e collega sorrisi, vivere e ascoltare la emozioni degli altri.

Un racconto con la struttura di una fiaba, che non vuole fare la morale a nessuno, ma che, come il cioccolatino della lint, quello col cuore morbido,nasconde al suo interno la speranza che vada tutto bene. Il finale, spero possiate aiutarmi a scriverlo voi,per viverlo poi tutti insieme. Grazie quindi di aver atteso e di non esservi arresi al mio silenzio pieno di parole...

C'era una volta e quasi sicuramente c'è ancora, una bambina nascosta nel corpo di una donna,che come un ombra, (od una luce?) buona e gentile si alimenta di sogni, cause perse e sentimenti buoni: quello che non raramente (purtroppo!) é iscatolato nelle parti più profonde,più invisibili dell'anima. Non è facile quindi che questa bimba viva, perché per alimentarla ci vuole uno sguardo interno: bisogna vedere con gli occhi del cuore,e raccogliere il sole, persino con gli occhi chiusi.

Raccogliere il sole, è un qualcosa di molto meno metaforico di quanto sembri: vuol dire mettersi nella condizione di imparare,di voler crescere,di voler tentare; essere allievi di un qualcosa di così strano come può essere la vita é una scelta difficile,ma restare fermi è una condizione che non accade mai davvero: persino l'uccellino in gabbia si aggrappa al suo spazio vitale, ed il vento non spinge mai, in una sola direzione.Tutti sopra-viviamo, perché vivere e basta davvero non basta.C'è e ci deve essere di più, un motore,un catalizzatore: "Il cor sa che direzione prendere": la corsa porta a raggiungere: la migrazione per nuove terre, l'apertura mentale, inizia da qui.Nonostante le mille salite si decide di andare, di spostarsi, di arrivare, e questo porta nuova linfa,nuovi rami, nuova vita: ingloba non restringe, fermenta e non muore, nasce e non secca.

Nuova via.

Nuova strada. Buona strada.

Alla Locarno Run questo si é toccato con mano, è diventato tangibile. Ed è estremamente raro. Di solito un sentimento, un'emozione,una sensazione, è qualcosa che, nel migliore dei casi,condividi, ma non tocchi. Invece è successo. E' successo che nelle quattro ore di maratona, io la sentissi. Cosa?La consapevolezza perfetta che quello che ci porta a "stare", a è una forza motrice fatta di persone.

Quell'essere insieme che sa di equilibrio, di sudore, di muscoli condivisi. E non é più solo gambe e cuore e braccia: ma é percezione: è il momento in cui la singola persona diventa parte di un meccanismo più forte, in cui la mancanza diventa preziosa, per diventare ancora una volta,il bis di qualcosa. Come quando vogliamo la doppia razione del gelato preferito, quando possiamo concederci il lusso, di prenderci qualcosa all'infinito. Allora la normalità non è più tale, la disabilità non è sinonimo di anormale, perché quando si é insieme, e un muscolo lavora per l'altro, e il sangue arriva in ogni dove, tutto diventa speciale. Devo molto ai miei muscoli in surplus quel giorno, perché mi hanno fatto vivere, l'idea che sognare, sognare poco, - ma in modo efficacemente grande- è semplicemente fattibile, ed è questo, che dovrebbe essere, la norma.

Ed è una norma realmente da super eroi: perché io non peso poco, perché la strada non è poco dissestata, perché non sempre un passo non comporta fatica. L'avermi regalato ore del proprio tempo è stato per me un regalo prezioso, e non perché io non avrei potuto fare il percorso senza di loro, ma più semplicemente perché il mio percorso, la mia vita, avendo conosciuto ognuno di loro, è più piena: e aver la possibilità di fare amicizie, di costruire un legame, è vincere una medaglia che non ha prezzo,ed è più preziosa dell'oro. E' questo il lato bello, il saperci soffermare,anche correndo, sulle cose importanti. Sulle persone, e tenerle con noi, facendole circolare, come integratore,anche quando non si sale, ma si va, non in terra piana.

Ti fa capire che nonostante ci siano ancora molti miti da sfatare - l'idea che la disabilità sia sinonimo di coraggio, l'idea che una persona in carrozzina corra semplicemente per sentirsi normale, l'idea che la disabilità sia una condizione che limita- c'é tanto che è già appreso: la corsa non è verso "il metro di valutazione" del giusto: è ciò che è giusto per ogni singola persona. E spesso per capirlo ci vuole conoscenza, ci vuole scardinamento di ciò che si sa, ci vuole, che quella bambina nascosta, o quel bimbo nascosto in ognuno di noi, prenda il sopravvento e voglia giocare, anche con chi, per farlo, ha bisogno di aiuto.

Per crederci non ci vogliono le condizioni ideali, ci vuole soltanto l'insuperabilità del superabile: ovvero poter chiedere aiuto se ne abbiamo bisogno, perché nulla é più insuperabile del successo da dividere: come una torta dolcissima, il sollievo, la commozione.

Piu che fare il resoconto di quella domenica soleggiata, in cui tutti eravamo assolutamente felici, vorrei passasse un messaggio: quando vivete qualcosa di vostro, qualcosa di importante per farvi capire che il limite non esiste,sedimenta. Forte come un fiore, fragile, bello, che aspetta il sole. Diventa seme. Diventa ricordo, e poco importa se giorni dopo, in ospedale proverete il dolore che fa diventare blu le braccia perché non vi si vedono le vene e un esame vi farà capire come si sente una statua, perché non potete muovervi.

Non ve ne fregherà niente, perché voi avrete il vostro bambino interiore che salta, sorride, e abbraccia: nuovi amici, nuovi passi, e che sogna ancora, e sempre, nuovi traguardi. Perché un finale é già scritto quando c'è gioia, quando c'è la voglia di non dimenticare l'unicità di ognuno, ma renderla “arte” per tutti – non sempre ciò che é caos si capisce, ma ci si arresta.

Di fronte a uno sguardo che brilla, a una mano che si stringe, a una stretta forte al fianco, a una doccia davvero meritata: e allora importa davvero il tempo, la competizione, tutto il resto? Non lo so, ma una parte di me si arroga il diritto di dire per tutti “ non penso”. Perché la prova, il mettersi alla prova non sta nell'aiuto, nell'essere un “cavallo” a disposizione di altri, ma nel pensare di essere “protagonista” di una storia bellissima. Dopotutto senza il cavallo, il principe e la principessa non avrebbero mai, il loro lieto fine.

Nessuno è un principe o una principessa dite? Forse.. ma tutti quando vedono un ranocchio, pensano che da bambine ci dicevano di baciarlo. Poi il fatto che non lo facciamo mai, è un mero dettaglio. Ma lo pensiamo, e sorridiamo, come ho fatto io quando ho tenuto con me, questo tempo condiviso, questa nuova corsa e ancora ho sentito lacrime di vita...

nel dire sempre  a presto.. a sempre... a dopo.. senza dire mai.. perché " mai dire mai".